Dall'Argentina, il presidente di ASoC
Da Vicenza all’Argentina e ritorno: riflessioni sulla situazione politica, economica e sociale del Presidente di Asoc.
Appena rientrato da una missione di un mese in
Argentina, ai molti che mi chiedono com’è la situazione
in quel Paese, mi ritrovo a ripetere quelle che sono state le riflessioni
ricavate dai ripetuti incontri con molte comunità nella provincia
di Buenos Aires (Provincia più grande dell’Italia)
e nella provincia di Salta al nord dell’Argentina.
Il nuovo Governo incomincia a riconquistare la fiducia della maggioranza
dei cittadini, incredibile se si pensa che solo due anni fa la frase:”Que
se vaian todos” (che se ne vadano tutti), rimbalzava da ogni
angolo del Paese rivolta a tutte le istituzioni poliche e alla magistratura.
Sul piano politico l’appoggio che il Presidente argentino
si sta conquistando tra la popolazione deriva da quattro particolari
fattori:
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la ferma posizione assunta contro tutti i responsabili di efferati crimini della passata dittatura (abrogazione delle leggi del “Punto final” e della “Obedencia debida” che rendevano impunibili i torturatori) e la rapida destituzione dei vertici militari compromessi;
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la forte determinazione a perseguire coloro che negli ultimi 12 anni di “democrazia” hanno saccheggiato le ricchezze del Paese: dai vertici del Pami che si sono arricchiti sui pensionati, ai politici, dalle Banche alle Multinazionali;
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La scelta da parte del Presidente di trattare con il Fondo Monetario Internazionale, anteponendo gli interessi nazionali a quelli del Fondo, non temendo di indicarlo come corresponsabile del tracollo argentino (del FMI era la ricetta applicata dal precedente Presidente Menem);
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la decisione di sostenere il Mercosur (mercato comune tra i Paesi dell’America del Sud), in grado di corrispondere meglio alle esigenze dei Paesi latino-americani, in forte alleanza con il Brasile, anziché l’Alfa (mercato comune dell’intero continente americano proposto dagli Usa).
Sul piano pratico la svalutazione del peso argentino, dopo anni
di parità con il dollaro che aveva reso le merci argentine
troppo care per l’esportazione, inizia a ridare fiato all’economia:
si stanno lentamente creando nuovi posti di lavoro, dopo decenni
di smobilitazione delle ferrovie lo Stato decide di rilanciarle,
il turismo interno è in ripresa, e l’Argentina, grazie
anche al cambio favorevole, incomincia a rientrare tra le mete di
turisti europei e americani; è ripresa inoltre l’esportazione
di carne e quest’anno la coltivazione della soia, il cui prezzo
internazionale è salito moltissimo, sta diventando un fattore
di recupero per il settore agricolo.
Una somma di condizioni pratiche e di segnali politici che ha riportato
fiducia tra gli argentini, ma….ma la stretta soffocante della
rinegoziazione del debito estero (180 miliardi di dollari) lascia
poche speranze: le risorse che il Paese sta con difficoltà
rimettendo insieme, anziché essere utilizzate per sostenere
queste iniziative di ripresa, secondo i G7 e il FMI dovrebbero essere
utilizzate per pagare i crediti.
Il ministro per l'economia Roberto Lavagna, che da tempo dichiara
che allo stato attuale l’Argentina non può far fronte
ad una restituzione del debito in misura superiore al 25%, si è
dichiarato disponibile ad un’eventuale correzione di incremento
legato alla crescita del Pil argentino e in questi giorni è
in corso a Buenos Aires una missione del Fmi per una negoziazione
che si preannuncia assai difficile. Intanto il Paese reale si dibatte
ancora tra gravissime difficoltà: per le strade si incontrano
intere famiglie che rovistano nei sacchi della spazzatura, sono
in aumento i bambini che autonomamente attuano le più disparate
strategie di sopravvivenza, i disoccupati e i pensionati al minimo
riescono a sopravvivere solo grazie alla rete di appoggio parentale,
negli ospedali continuano a mancare i medicinali.
Aldo Prestipino