Come parte della soluzione...

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ALCUNE TESTIMONIANZE DI BAMBINI ED ADOLESCENTI LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO SUL LAVORO MINORILE DEGNO

 
Antonio Infanda, 17 anni, Guinea Bissau, rappresentante del MAEJT. Discorso tenuto in occasione dell’incontro con il sindaco di Berlino e la Commissione Bicamerale per l'infanzia. Berlino, 2004. Tratto da: “Taking destiny in their hands” (DVD) prodotto da The Concerned for Working Children (2005).

Buongiorno a tutti, in particolare alle persone che ci hanno accolto qui. Mi chiamo Antonio Infanda e vengo dalla Guinea Bissau. Qui rappresento il Movimento Africano dei Bambini e Giovani Lavoratori. Noi, Movimenti di bambini e giovani lavoratori, siamo coscienti che stiamo lavorando per colmare una lacuna lasciata dai nostri Governi: molti bambini e giovani lavoratori oggi sono alfabetizzati grazie alle nostre associazioni. Queste associazioni organizzano corsi di alfabetizzazione per dare la possibilità a quei bambini e giovani che non hanno accesso alla scuola di imparare almeno a leggere e a scrivere. Le organizzazioni dei bambini lavoratori stanno facendo un lavoro che dovrebbe fare il nostro Governo. Facciamo un appello ai nostri Governi che ci considerino non come un problema, ma come parte della soluzione. Noi bambini e giovani lavoratori non chiediamo nessun tipo di risorsa o di rimedio. Tutto ciò che chiediamo è che siano rispettati i nostri diritti. Vogliamo lottare insieme, noi sappiamo quali sono i nostri diritti.

Lanciamo un appello affinché il mondo intero ci rispetti, perché il nostro lavoro è molto degno. Siamo coscienti di che cos’è la dignità del lavoro: fare un lavoro degno senza rubare, senza fare niente che possa fare del male ad altri bambini.

Vorrei esprimere tutto questo senza tante parole e con tanta allegria.

Alex, 16 anni, Cajamarca (Perù), dipinge ceramiche. Fa parte del Manthoc (Movimento di bambini e adolescenti lavoratori figli di operai cristiani). Discorso tenuto in occasione della marcia Perugia-Assisi dell’ottobre 2003. Testimonianza tratta da: “Cosa farò dapiccolo. Lavoro minorile e diritti dei bambini, dallo sfruttamento al commercio equo.” A cura di Equomercato con la collaborazione di Italianats (2005).

Mi chiamo Alex Ivan Equino Chilon, ho 16 anni e sono nato nel dipartimento di Cajamarca. Ho 7 fratelli, 3 maschi e 4 femmine. Vivo con i miei genitori: mio padre lavora come sarto e operaio, mia madre vende prodotti nel mercato, tutti i miei fratelli lavorano fin da quando erano piccoli. Io ho cominciato a lavorare con mia madre vendendo frutta al mercato all’età di sei anni e dagli otto anni ho iniziato in maniera indipendente a vendere gelatina. All’inizio era proprio un'avventura visto che non sapevo come si preparavano i dolci, però ho deciso di far bollire l’acqua, l’ho raffreddata, ho aggregato la gelatina e l’ho sistemata nei bicchieri in una borsa di acqua gelida perchè non avevo un frigo portatile. L’esperimento è riuscito bene e il giorno seguente sono uscito con mille illusioni chiedendomi a quanto vendere la gelatina. Sono uscito di casa domandando a Dio che mi aiutasse a vendere, per ottenere un buon guadagno, e per fortuna sono riuscito a vendere tutto: mi piaceva guadagnarmi i soldi con il mio sforzo e poi era divertente questa nuova avventura che si è trasformata nel mio primo lavoro. Una parte dei piccoli guadagni che ottenevo la consegnavo a mia madre e l’altra la utilizzavo per comperarmi penne e quaderni per la scuola, dove ti devi pagare tutto te, anche l’uniforme-grembiule altrimenti non ti accettano.

In seguito ho venduto giornali, ho lustrato scarpe e dagli 11 anni carico sacchi al mercato di Cajamarca dove ho lavorato fino ai 14 anni. Attraverso questo lavoro ho conosciuto diverse esperienze di organizzazione, però non mi piaceva la metodologia che utilizzavano perché erano gli adulti che dirigevano e i bambini sembravano solo un ornamento. In seguito i miei amici mi hanno fatto conoscereil Manthoc; inizialmente non gli ho dato molta attenzione però poi ho visto che erano proprio i miei amici che organizzavano le varie attività, discutevano dei problemi, e questa “novità” mi ha colpito molto e così mi sono deciso a farvi parte.

Ho scoperta una vera organizzazione autonoma, diretta e formata da bambini e adolescenti lavoratori e mi sono inserito proprio nel momento più opportuno della mia vita, quando stavo attraversando seri problemi familiari e grazie all’affetto dei miei compagni e dei collaboratori adulti mi sono fatto forza e sono riuscito ad andare avanti. Grazie all’organizzazione ho imparato che non bisogna mai darsi per vinti. Ora mi sto preparando a entrare all’Università e anche a scuola i miei insegnanti hanno riconosciuto la mia partecipazione attiva nelle lezioni di classe. Questa esperienza mi è servita a migliorare anche le relazioni tra i miei genitori e i miei fratelli. A livello sociale come rappresentante dei miei compagni bambini e adolescenti lavoratori coordino proposte con il Municipio di Cajamarca portando sempre la voce e il protagonismo dell’infanzia in generale, difendendo la nostra posizione di Nats, la valorizzazione critica del lavoro minorile e il riconoscimento come soggetti attivi di diritti.

Dentro alla mia organizzazione che a Cajamarca coinvolge 500 Nats, ci sentiamo come una grande famiglia e condividiamo il bello e il brutto, l’allegria e la tristezza per cercare soluzioni alternative alle problematiche che affrontiamo, seguendo l’insegnamenti di Gesù, anche lui bambino lavoratore, figlio di un falegname. Sono felice di far parte del Manthoc perché è un’esperienza di partecipazione democratica, uno dei pochi spazi nel nostro Paese. Noi Nats siamo uniti per costruire un modo più giusto e solidale. La mia esperienza di lavoro mi ha aiutato a diventare responsabile, a essere solidale in famiglia, a relazionarmi meglio con la gente, ad assumere maggior criticità nei confronti della situazione economica e sociale del nostro Paese. Attualmente lavoro dipingendo ceramica e continuo a studiare, impegnandomi con maggior enfasi lottando per i miei obiettivi come persona e dentro l’organizzazione.

 

Karim, 11 anni, Delhi, India, ricicla rifiuti. Fa parte di Butterflies. Testimonianza tratta da: We want to play to…,National Children’s Times, n° 4, 2005.

Mi chiamo Karim, ho 11 anni e riciclo i rifiuti. I miei genitori sono morti così sono andato via di casa e sono venuto a Delhi. Ora sto con l’Organizzazione Butterflies, ma prima stavo per strada. Avevo molti problemi, anche se quando giocavo stavo bene. Mi piace giocare a cricket. Quando vedo qualcuno giocare mi piacerebbe giocare con loro, ma nessuno mi lascia giocare. Mi picchierebbero e mi caccerebbero via.

Un giorno un ragazzo mi ha parlato dell’Organizzazione Butterflies e mi ha detto che avrei potuto andare là a giocare a cricket. Sono andato da Butterflies e ho iniziato a vivere lì. Qui ho iniziato a giocare a cricket e ad andare a scuola elentamente Butterflies ha iniziato a piacermi.

Il Governo dovrebbe fare qualcosa per i ragazzi che vivono per strada perché da quando sono poveri non hanno una casa.

Il Governo dovrebbe prestare attenzione anche ai poveri.

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