Una mostra per raccontare i bambini lavoratori
IL GIORNALE DI VICENZA
Organizzata dalla vicentina Asoc, l’esposizione di foto e testimonianze sulla globalizzazione sarà aperta al pubblico fino al 15 febbraio.
Nel sottoportico della Basilica un allestimento-denuncia dello sfruttamento del lavoro minorile.
(g.m.m.) Sono migliaia i “Nats”
dal nord al sud del mondo, vale a dire i “ni nos y adolescentes
trabajadores (bambini e adolescenti lavoratori), imprigionati nella
schiavitù del lavoro minorile, una dimensione in cui questi
bambini non hanno più diritti.
“Nats” è anche la sigla dell’associazione
fondata in America del Sud, con cui collabora la vicentina Asoc
(associazione di solidarietà e cooperazione) presieduta da
Aldo Prestipino, uno dei sodalizi che ha contribuito alla costituzione
di Italianats.
Alla piaga dei bambini lavoratori e agli effetti dei processi di
globalizzazione è dedicata una mostra fotografica dal titolo
“Globalizzazione e Infanzia” promossa dalla Asoc, con
il patrocinio del Comune di Vicenza, allestita nel sottoportico
della basilica Palladiana e inaugurata sabato pomeriggio.
La mostra resterà aperta fino al 15 febbraio, tutti i giorni
dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19 (dal lunedì al venerdì
la mattina solo per scolaresche su appuntamento).
L’esposizione è articolata in tre settori: uno dedicato
alla globalizzazioni, ai suoi effetti e alle sue distorsioni; uno
al movimento Nats e il terzo a documenti fotografici e testimonianze
sotto forma di intervista in cui i bambini lavoratori denunciano
la loro condizione di schiavitù. Come i bimbi che vivono
ammassati nelle piccole fabbriche tessili o nelle minuscole soffitte-laboratorio
dove lavorano, mangiano e dormono, costretti a turni di 12 ore per
un compenso pari ad appena 40 centesimi al giorno.
«Questa mostra - spiega Aldo Prestipino - è un tentativo
di richiamare l’attenzione della città sulla questione
dell’infanzia e del lavoro minorile che, in un mondo in continua
evoluzione e sempre più globalizzato, offre continui motivi
di analisi e riflessione. L’obiettivo è di dare una
lettura non pietistica della realtà di queste regioni del
mondo, in cui le vittime, in questo caso i bambini, possano essere
non solo oggetto di tutela, ma anche protagonisti di una rinascita
della loro terra».