12 giugno 2010 - Comunicato
Comunicato stampa
12 di giugno: una giornata contro il “lavoro infantile” o contro “i bambini lavoratori”?
Oggi ancora una volta assisteremo alla consueta rappresentazione della “giornata contro il lavoro infantile”, quest’anno strumentalmente ancorata ai campionati mondiali di calcio, ai cascami di una cultura di massa manipolata su temi che meriterebbero ben altra serietà e linearità.
L’ultimo rapporto globale dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sul lavoro infantile evidenzia che le strategie di repressione del lavoro minorile messe in atto in quindici anni di Convenzioni, hanno fallito, i dati che fornisce non sono attendibili e , in qualche caso, sospettabili di manipolazione. Per quanto riguarda, ad esempio, l’America Latina, per poter affermare che in questo continente si è verificata una sia pur parzialissima diminuzione del lavoro infantile, nell'ultima Conferenza OIL tenutasi all'Aia il 10 e 11 maggio scorso il Relatore ha dichiarato che i dati del precedente rapporto erano sbagliati e che in realtà erano superiori di quasi il doppio; Così L'Oil ha potuto nascondere l'aumento dei bambini e adolescenti che in America latina si vedono costretti a incorporarsi precocemente al mercato del lavoro. Allo stesso modo si registra un fortissimo aumento di bambini lavoratori in Africa, regione dove sono stati negli ultimi anni impiegate ingentissime risorse per politiche di sradicamento del lavoro minorile. Di fronte a queste palesi prove del fallimento degli organismi internazionali legati all’OIL, ci si aspetterebbe un minimo di autocritica, un’allusione, anche tiepida, a un possibile ripensamento circa i dogmi fino ad ora imposti e sui quali si sono definite le politiche pubbliche contro il lavoro infantile.
Niente di tutto ciò. Il rapporto registra con sfacciata indifferenza i risultati disastrosi di tanti anni di politiche abolizioniste del lavoro minorile, accusando vagamente la mancanza di energia, di volontà, di impegno dei soggetti responsabili. E ancora una volta ci si propone di celebrare vuoti rituali decorativi in questa “giornata contro il lavoro infantile”, diventata comodo alibi per non parlare di quella violenza “strutturale” che i bambini li uccide di fame, di ingiustizie sociali, di impietosi processi di discriminazione, esclusione e autentico genocidio.
L'Oil dovrebbe dire, per esempio, che le misure prese dalla Unione Europea nei confronti della Grecia, causeranno centinaia di migliaia di disoccupati e che, come succede in tutto il mondo in casi come questo, migliaia di bambini che ora vanno a scuola lasceranno gli studi per cercare una fonte di reddito.
La crisi economica indotta da un selvaggio capitalismo economico finanziario, l’egoismo strutturale di un ordine mondiale che ancora considera il “mercato” in grado di autoregolarsi, infine le pesanti responsabilità di tutte quelle istituzioni, che mentre sventolano le bandierine colorate dei diritti del bambino, poi l’infanzia la dimenticano riservando privilegi a pochi e drammatiche carenze ai più: ecco, vorremmo che il 12 giugno fosse una giornata contro tutto questo e non contro il lavoro infantile, che in molti casi è anche l’unico itinerario che rimane a chi di povertà non si rassegna a morire.
Calciatori con maglie con il cartellino rosso contro il lavoro infantile, marce decorative, goals del millennio che mai giungeranno a rete: tutto questo fondale di cartapesta, deciso senza consultare nemmeno per finta le organizzazioni dei bambini lavoratori, risulta un inganno, anche se in molte persone che vi partecipano prevalgono le buone intenzioni. Vorremmo piuttosto sentire dall’OIL una condanna politica, per i 500 milioni di bambini soffrono la fame nel mondo: questa è la priorità assoluta, facciamo una marcia contro il crimine della fame e soprattutto contro gli affamatori (e si sa chi sono) dell’infanzia, stabiliamo per legge un’età minima sotto la quale si proibisca che un bambino possa patire la fame.
La “lotta contro il lavoro infantile” ci va bene se è lotta contro lo sfruttamento dei bambini, ma non ci va bene se è lotta contro il loro lavoro senza distinzioni e senza quartiere con penalizzazioni giuridiche che colpiscono i bambini lavoratori, con retate, con reclusione in istituti di minori, con sospensioni della patria potestà, con mancanza di alternative, insomma, in lotta contro i bambini e gli adolescenti lavoratori.
Cerchiamo tutti, umilmente, responsabilmente di capire un po’ di più, di ascoltare un po’ di più, soprattutto gli stessi bambini che lavorano. Senza dogmi preconcetti, tabù imposti da un pensiero unico, scorciatoie di buone intenzioni che non affrontano la radice reale, dura, politica del problema.
Il tema dei bambini lavoratori è infatti un tema politico, e tutti coloro che , per ingenuità o colpevole calcolo, vogliono restringerlo nel recinto delle lamentevoli cause umanitarie, in qualche misura aggravano la situazione. Diversamente occorre riconoscere che piuttosto di mendicare, di essere preda di circuiti criminali, il bambino che lavora è un attore positivo che se valorizzato e ascoltato come fanno i Movimenti dei Bambini e adolescenti lavoratori organizzati presenti in America Latina Africa e Asia può essere un formidabile alleato nella lotta per il reinserimento scolastico, per l'applicazione dei diritti del lavoro, per riconquistare pane, dignità e cittadinanza.
Per questo oggi, 12 giugno, riaffermiamo senza remore il nostro appoggio ai movimenti organizzati dei bambini e adolescenti lavoratori e al loro sforzo di emancipazione dai processi di esclusione, per un lavoro degno e per un mondo la cui essenza sia la dignità di tutt e torniamo a chiedere all'Oil, a tutte le Agenzie internazionali e nazionali che si occupano di infanzia
Presidenza Italianats
Aldo Prestipino e Gianpietro Schibotto
12 di giugno: una giornata contro il “lavoro infantile” o contro “i bambini lavoratori”?
Oggi ancora una volta assisteremo alla consueta rappresentazione della “giornata contro il lavoro infantile”, quest’anno strumentalmente ancorata ai campionati mondiali di calcio, ai cascami di una cultura di massa manipolata su temi che meriterebbero ben altra serietà e linearità.
L’ultimo rapporto globale dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sul lavoro infantile evidenzia che le strategie di repressione del lavoro minorile messe in atto in quindici anni di Convenzioni, hanno fallito, i dati che fornisce non sono attendibili e , in qualche caso, sospettabili di manipolazione. Per quanto riguarda, ad esempio, l’America Latina, per poter affermare che in questo continente si è verificata una sia pur parzialissima diminuzione del lavoro infantile, nell'ultima Conferenza OIL tenutasi all'Aia il 10 e 11 maggio scorso il Relatore ha dichiarato che i dati del precedente rapporto erano sbagliati e che in realtà erano superiori di quasi il doppio; Così L'Oil ha potuto nascondere l'aumento dei bambini e adolescenti che in America latina si vedono costretti a incorporarsi precocemente al mercato del lavoro. Allo stesso modo si registra un fortissimo aumento di bambini lavoratori in Africa, regione dove sono stati negli ultimi anni impiegate ingentissime risorse per politiche di sradicamento del lavoro minorile. Di fronte a queste palesi prove del fallimento degli organismi internazionali legati all’OIL, ci si aspetterebbe un minimo di autocritica, un’allusione, anche tiepida, a un possibile ripensamento circa i dogmi fino ad ora imposti e sui quali si sono definite le politiche pubbliche contro il lavoro infantile.
Niente di tutto ciò. Il rapporto registra con sfacciata indifferenza i risultati disastrosi di tanti anni di politiche abolizioniste del lavoro minorile, accusando vagamente la mancanza di energia, di volontà, di impegno dei soggetti responsabili. E ancora una volta ci si propone di celebrare vuoti rituali decorativi in questa “giornata contro il lavoro infantile”, diventata comodo alibi per non parlare di quella violenza “strutturale” che i bambini li uccide di fame, di ingiustizie sociali, di impietosi processi di discriminazione, esclusione e autentico genocidio.
L'Oil dovrebbe dire, per esempio, che le misure prese dalla Unione Europea nei confronti della Grecia, causeranno centinaia di migliaia di disoccupati e che, come succede in tutto il mondo in casi come questo, migliaia di bambini che ora vanno a scuola lasceranno gli studi per cercare una fonte di reddito.
La crisi economica indotta da un selvaggio capitalismo economico finanziario, l’egoismo strutturale di un ordine mondiale che ancora considera il “mercato” in grado di autoregolarsi, infine le pesanti responsabilità di tutte quelle istituzioni, che mentre sventolano le bandierine colorate dei diritti del bambino, poi l’infanzia la dimenticano riservando privilegi a pochi e drammatiche carenze ai più: ecco, vorremmo che il 12 giugno fosse una giornata contro tutto questo e non contro il lavoro infantile, che in molti casi è anche l’unico itinerario che rimane a chi di povertà non si rassegna a morire.
Calciatori con maglie con il cartellino rosso contro il lavoro infantile, marce decorative, goals del millennio che mai giungeranno a rete: tutto questo fondale di cartapesta, deciso senza consultare nemmeno per finta le organizzazioni dei bambini lavoratori, risulta un inganno, anche se in molte persone che vi partecipano prevalgono le buone intenzioni. Vorremmo piuttosto sentire dall’OIL una condanna politica, per i 500 milioni di bambini soffrono la fame nel mondo: questa è la priorità assoluta, facciamo una marcia contro il crimine della fame e soprattutto contro gli affamatori (e si sa chi sono) dell’infanzia, stabiliamo per legge un’età minima sotto la quale si proibisca che un bambino possa patire la fame.
La “lotta contro il lavoro infantile” ci va bene se è lotta contro lo sfruttamento dei bambini, ma non ci va bene se è lotta contro il loro lavoro senza distinzioni e senza quartiere con penalizzazioni giuridiche che colpiscono i bambini lavoratori, con retate, con reclusione in istituti di minori, con sospensioni della patria potestà, con mancanza di alternative, insomma, in lotta contro i bambini e gli adolescenti lavoratori.
Cerchiamo tutti, umilmente, responsabilmente di capire un po’ di più, di ascoltare un po’ di più, soprattutto gli stessi bambini che lavorano. Senza dogmi preconcetti, tabù imposti da un pensiero unico, scorciatoie di buone intenzioni che non affrontano la radice reale, dura, politica del problema.
Il tema dei bambini lavoratori è infatti un tema politico, e tutti coloro che , per ingenuità o colpevole calcolo, vogliono restringerlo nel recinto delle lamentevoli cause umanitarie, in qualche misura aggravano la situazione. Diversamente occorre riconoscere che piuttosto di mendicare, di essere preda di circuiti criminali, il bambino che lavora è un attore positivo che se valorizzato e ascoltato come fanno i Movimenti dei Bambini e adolescenti lavoratori organizzati presenti in America Latina Africa e Asia può essere un formidabile alleato nella lotta per il reinserimento scolastico, per l'applicazione dei diritti del lavoro, per riconquistare pane, dignità e cittadinanza.
Per questo oggi, 12 giugno, riaffermiamo senza remore il nostro appoggio ai movimenti organizzati dei bambini e adolescenti lavoratori e al loro sforzo di emancipazione dai processi di esclusione, per un lavoro degno e per un mondo la cui essenza sia la dignità di tutt e torniamo a chiedere all'Oil, a tutte le Agenzie internazionali e nazionali che si occupano di infanzia
Presidenza Italianats
Aldo Prestipino e Gianpietro Schibotto