Immigrazione? Aiutiamoli nel loro paese!
Può sembrare un approccio condivisibile ma il problema è come?
Se colleghiamo una serie di fatti, tra l'altro ampiamente riportati dai giornali, vediamo che spesso sono proprio interventi, in Africa, di attori non africani, una delle cause dell'immigrazione.
Tant'è che si contano tra i migranti approdati in Italia, centinaia di persone che prima viveva degnamente della pesca.
Il disastro economico che ha investito il settore della pesca nel golfo di Guinea a partire dal Senegal, dove un oceano pescoso che dava lavoro e sussistenza a milioni di africani si è desertificato a causa della pesca indiscriminata con utilizzo di draghe che hanno sconvolto i fondali marini ad opera di pescherecci europei e asiatici.
Abbiamo già citato in un precedente articolo il caso del Benin produttore di cotone, materia prima che però viene per il 97% esportata all'estero. I cittadini beninesi si oppongono e chiedono che almeno una parte resti nel Paese per essere lavorato e quindi garantire un reddito alle loro famiglie.
La stessa sorte avviene per il commercio del legname e dei minerali, materie prime che prendono la via dell'estero senza, praticamente, nessuna ricaduta occupazionale nei Paesi di provenienza. Dunque, se è sicuramente giusto aiutare gli africani nei loro Paesi, il modo migliore per aiutarli è non rapinare le loro risorse, questa è la vera sfida che occorre affrontare.
Senza contare la fermezza con cui Europei e Statunitensi abbiamo deciso di bombardare Iraq e Libia e a finanziare guerre regionali come quella in Siria sia per il commercio delle armi, altra grande piaga alimentata dai grandi produttori.
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute le spese militari d'Africa nel 2014 sono di 50,2 miliardi. L'Archivio Disarmo diffonde uno studio sulle oltre 13 guerre del continente, sulle armi che servono per combatterle e sul mercato nero di armi definite "leggere": le più usate nelle guerre d'Africa e non solo. E l'Italia per le armi leggere è il secondo esportatore del mondo, dopo gli Stati Uniti.
Collegando questi fatti noti, ci si accorge subito che spesso sono proprio gli interventi in Africa, realizzati da attori non africani, una delle prime cause dell'immigrazione.
Tra i migranti approdati in Italia si contano centinaia di persone che prima vivevano degnamente con le risorse del proprio paese.
Dunque, se è sicuramente giusto aiutare gli africani nei loro paesi il modo migliore per farlo è non privandoli delle loro ricchezze e della loro libertà. È questa la vera sfida da affrontare.
Occorre sostenere la formazione di professionalità locali affinché le persone siano in grado di sfruttare correttamente il proprio territorio, potersi garantire un livello di vita degno di essere chiamato tale e non essere costrette ad emigrare. Ma questa è retorica, lo si sa.
Con ASoC sosteniamo un progetto di solidarietà e cooperazione che va oltre l’assistenzialismo. Perché abbiamo a cuore il futuro indipendente e libero dallo sfruttamento dei bambini e ragazzi di Benin, Nigeria e Togo del Movimento Africano dei Bambini e Giovani Lavoratori (MAEJT).
Tutti i dati del progetto li potete trovare sul sito www.tshirtsolidali.com
Articolo di Aldo Prestipino